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Di più, più blu
Il corpo umano come parte dell’universo è il principio che caratterizza anche la poetica del terzo appuntamento di In Corpo 2012, Di più, più blu di Chiara Scarfò (Genova, 1977).
Chiara Scarfò, come Yves Klein, ha adottato il blu come spazio generatore di vita, e di amore oltre il possibile. Come l’artista francese tra i protagonisti del Nouveu Réalisme, Scarfò ricerca l’immaterialità del corpo, poiché è la sensibilità dell’uomo, la sua energia, ad essere onnipotente ed immortale, e poiché il corpo è un confine inventato, un limite.
In Di più, più blu Scarfò rappresenta visivamente l’incorporeità attraverso l’utilizzo di un simbolo vestimentiario: l’abito.
L’abito/opera ideato dall’artista ad hoc per l’azione si ispira al Furisode di tradizione giapponese, indossato dalle giovani e nubili donne. Come per questo tipo di kimono il colore è simbolico ed anticipatore della stagione successiva, così quello dell’artista è di colore chiaro, il colore invernale.
Coprente, rigoroso e sacro, l’abito costituisce un elemento essenziale della performance e diviene punto focale nell’azione, per raggiungere la totale assenza, per dissolvere i confini del corpo nell’ambiente.
Caratterizzata dalla ritualità distintiva degli “atti magici”, la performance di Chiara Scarfò si sviluppa in due momenti, nei quali il pubblico è chiamato a partecipare attivamente.
Nella prima fase il fruitore è invitato a scrivere “quello che vuole”, perché è nel fare, nel dichiarare e nello scrivere che si muovono le energie che cambiano la vita. Nella seconda fase si sviluppa l’azione della performer, il “soffio”, elemento vitale che consciamente, ma più spesso inconsciamente, ci permette di uscire dai limiti del corpo e della realtà.


(testo di Isabella Falbo)